Culicchia al Salone del Libro

Posted by MES mercoledì 7 maggio 2014 alle 13:31 No comments

Continua il mio tour, per ora solo virtuale, tra le mille proposte del Salone del Libro 2014: dopo quello di Latouche ho rispolverato un altro libro mai letto che si nascondeva in libreria e che riguarda Torino da molto, molto vicino, oltre ad essere stato scritto da un torinese che sarà presente al Salone.
Parlo di Giuseppe Culicchia, scrittore, traduttore e giornalista per La Stampa e La Repubblica, e del suo Torino è casa mia, nel quale alcune delle zone principali della città vengono paragonate dall'autore alle stanze di una casa in relazione alla funzione che svolgono o che hanno svolto nella sua vita. 
Sembra una figata, no? E infatti.
Il volume è stato pubblicato per la prima volta nel 2005, ma io ho la seconda edizione, risalente al 2009 e contenente un piccolo aggiornamento sui progetti realizzati in occasione del rinnovamento di Torino, che l'ha vista trasformarsi in un cantiere aperto e in continuo movimento.

Lo stile di Culicchia è fresco e agile, per cui il libro è davvero godibile, ironico e a tratti addirittura comico, grazie all'attitudine dell'autore all'esagerazione. 
Il suo talento lo aiuta a dare al lettore la netta sensazione di camminare insieme a lui per le strade: il racconto infatti è abbastanza serrato da dare lo stesso ritmo ai tuoi passi immaginari, mentre osservi le bellezze di Torino attraverso gli occhi di un suo profondo ammiratore e conoscitore. Ti parla di tutto un po', praticamente a ruota libera: dai periodi storici che si intrecciano nell'architettura di Palazzo Madama alla bontà del kebab che si vende cento metri più avanti, dall'ostracismo torinese nei confronti degli skaters alla pessima abitudine (purtroppo molto diffusa, posso confermarlo) di non raccogliere i regalini di Fido.
Il punto è che molti dei posti dove Culicchia andava da ragazzo (non che sia vecchio, ha solo cinquant'anni portati benissimo, vedere foto segnaletica a lato) non ci sono più, magari sostituiti amico immaginario ufficiale, mentre chi è arrivato da poco come me a volte ha difficoltà a seguirlo e si rende presto conto di avere tra le mani qualcosa di molto lontano da una guida turistica. E menomale.
dall'ennesimo condominio o negozio di scarpe di cui sentivamo una mancanza lacerante. Risultato: spesso viene fuori una malinconia tipica della sua generazione, stile settimana disegnata a terra in cortile e palloni incastrati sotto le 127. Infatti credo che dopo questo libro chi ha più o meno la sua età o almeno ha avuto modo di vivere certi posti prima che scomparissero deve averlo eletto
Tra l'altro il libro comprende una mappa chiara e semplice, ma che ve lo dico a fare, orientarmi non è roba per me.

Su un paio di cose dissento con lui. La prima è che Piazza Castello era meglio quando ci passavano le auto, perché ora non ha un'unità estetica. Sicuramente la sua idea di un enorme dehor in stile sabaudo davanti Palazzo Madama è fantastica, superata solo da quella di sostituire Porta Nuova con una piscina, ma quando ho visto la Piazza per la prima volta sono semplicemente rimasta a bocca aperta. Va detto che non capisco una cippa di architettura. Però una cosa la capisco, e cioè quando una pizza è buona o no. Campo mio, signori. E qui veniamo alla seconda affermazione di Culicchia che mi trova profondamente in disaccordo: la commestibilità dei prodotti di Salvatore, quello che fa la focaccia di Recco nella suddetta Piazza. L'autore la consiglierebbe anche ad un celiaco, mentre per me quella roba è olio allo stato solido ed è anche un filo costosa.
Si affronta poi lo spinoso tema della propensione tutta torinese ad evitare di socializzare con chiunque non faccia parte della propria cerchia da almeno vent'anni: l'autore conferma, ma io tentenno. Vero è che ho difficoltà a conoscere nuove persone, ma di gente che vive a Torino da almeno due generazioni ne ho trovata poca, per cui non saprei se il problema è del torinese o piuttosto dell'italiano medio

Altro tema controverso è quello dell'integrazione con gli immigrati: dai terroni saliti al nord perperfettamente inserite nel quartiere. Lui ironizza, e va bene, ma noterei la frequenza con la quale lo fa: da una parte si affretta a chiarire che c'è gente onesta e lavoratrice, dall'altra non passano due pagine senza che si metta a calcolare la densità di stranieri per metro quadro. Insomma, scherza che ti rischerza pure tu, caro Culi, sei torinese, e anche tu hai visto la tua città popolarsi di facce diverse da cinquant'anni a questa parte e sempre con maggiore frequenza: è normale avere delle perplessità in merito, come le hanno tutti, ma non parlerei di torinesi intolleranti. O no?
lavorare in FIAT ai tempi belli fino ai bambini rumeni che dormono nelle fabbriche abbandonate, Culicchia ironizza su chi è arrivato prima e pensa per questo di avere il diritto all'intolleranza verso chi è arrivato dopo, ma anche sui torinesi che organizzano fiaccolate contro le prostitute della Pellerina ma accettano quelle di via Barbaroux perché sono
Ad ogni modo la sua idea della città è stata contestata altre volte,  ma si percepisce il suo profondo amore per lei, peggio del mio cane con le striscie di pollo essiccato.


La parte che ho trovato più interessante di tutte è l'aggiornamento sulle opere olimpioniche e sui lavori disseminati per tutta la città. Intanto non vi sono riportate solo le idee dell'autore ma anche quelle di esperti competenti intervistati per l'occasione, per cui siamo in presenza di un dialogo informato, pacato e dai toni informali su argomenti caldi, che spesso altri affrontano urlando oppure infarcendo il discorso di termini tecnici che capiscono solo loro. Inoltre vengono evidenziati alcuni casi nei quali i fondi potevano essere utilizzati meglio, per esempio riqualificando le fabbriche dismesse invece di buttarle giù o indicendo più degli otto bandi disponibili in occasione delle Olimpiadi, in modo da non far lavorare sempre i soliti noti ma di creare lavoro per i più giovani e dare spazio a nuove idee. Si citano città come Berlino e Londra come esempi virtuosi.
Il fatto è che Torino, per quanto meravigliosa, è inserita in uno dei sistemi più corrotti al mondo, cioè quello italiano. I fondi europei sono stati utilizzati; bene, male, non lo so, ma di cose ne sono state fatte tantissime e ancora se ne fanno, perché Torino non si ferma mai. Magari una parte di quei soldi è servita a pagare le mutande a qualcuno, ma una buona fetta è stata utilizzata per la comunità. Vi pare poco? Ammennò.

In occasione del Salone del Libro Giuseppe Culicchia curerà una Officina sul mondo dell'editoria, il che, oltre a renderlo ancora più figo, permette a chi vuole andarlo a sentire/vedere di avere diverse occasioni a disposizione. Inoltre venerdi sera sarà il protagonista di un evento per il Salone Off, il cui programma continua ad intrigarmi tantissimo.
Volete saperne di più? Fate i social e seguitelo su feisbuc. Intanto il nove maggio Io. Ci. Vado.

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