Latouche al Salone del Libro

Posted by MES lunedì 5 maggio 2014 alle 19:12 No comments

Il Salone del Libro di Torino sta a Maria Elena come la cioccolata sta a Willy Wonka. Tra qualche giorno mi sentirò come Alice nel Paese delle Meraviglie, Brucaliffo incluso.

Quest'anno l'ospite d'onore mi lascia un po' perplessa: il Vaticano, in passato occupato a dare al rogo una parte significativa di testi e a scomunicarne altri,  torna ad una dimensione culturalmente più alta attraverso conferenze, convegni e dibattiti incentrati sui libri che approfondiscono il tema dell'anno, cioè il Bene ai tempi della crisi. Non dubito che i suddetti appuntamenti saranno ricchi di spunti di riflessione, ma sono alquanto lontana dall'ideologia cristiana, quindi mi "limiterò" agli altri mille eventi del Salone dedicati ad altro. Una cosa però va detta: si fa un gran parlare di quanto la presenza del Vaticano abbia influito sulla mancata partecipazione di Bisignani. A mio modesto avviso si tratta di una polemica infondata: altri autori laici di tutto rispetto terranno regolarmente le loro presentazioni e rubriche. Per esempio ci sarà Serge Latouche, uno degli ideatori e sostenitori della Decrescita Felice.

Come si fa a prepararsi per il Salone del Libro? Leggendo, ovviamente! Per questo mi è sembrato opportuno leggere un libretto di Latouche che avevo in casa da quando è uscito, cioè dal 2012, ma che non avevo ancora mai letto. Si chiama Limite e parla appunto dei limiti che vengono imposti dalla Natura all'Uomo e che devono essere rispettati, se non vogliamo che l'Umanità abbia fine tra una cinquantina d'anni. Non si tratta solo dei limiti ecologici, a proposito dei quali ognuno di noi ha letto almeno un articoletto nel corso della propria vita, ma anche morali e soprattutto tecnologici: il filosofo ed economista francese sostiene che ormai la tecnica e la scienza non sono coltivate per gli scopi originari, cioè la salvaguardia della specie o il miglioramento delle condizioni di vita, ma per superare i limiti che l'uomo non riesce ad accettare, come le malattie e, se ci danno il tempo, magari anche la morte. 
La colpa di tutto questo è da attribuire al capitalismo, i cui teorici ci fanno credere che la nostra cultura sia la migliore di tutte e che quindi è giusto che si imponga su altre culture anche con la forza, per cui assistiamo alla sparizione del "diverso" (lingue diverse, religioni diverse, valori diversi e via dicendo) in favore di una omogeneizzazione culturale. In una parola: globalizzazione.
A suo tempo un personaggio che stimo molto, Luca Mercalli, aveva proposto la sua recensione, concentrandosi per lo più sui temi dell'ecologia (evidentemente perché sa quello che dice). 


Ho trovato qualche altra recensione, una positiva e una negativa (del Sole24, e come ti sbagli), nonché una interessante discussione sulle caratteristiche della civiltà occidentale. Se qualcuno volesse spiegarmela gliene sarei grata.

Per quanto mi riguarda nutro forti perplessità sulla teoria di Latouche. 
Intanto non ho capito a chi è destinato il volumetto: la presenza di termini orwelliani tipo Megamacchina o Tecnoscienza, di riferimenti storici e nozioni filosofiche non proprio di base fa pensare che sia dedicato a tecnici, scienziati, filosofi come l'autore. Il punto è che sono solo 100 pagine. Ci ho messo due giorni scarsi a leggerlo tutto. Cos'è, una introduzione all'introduzione?
In secondo luogo, vi ho trovato alcuni concetti un po' pericolosi, tipo l'esigenza di rivalutare i pregiudizi per ritrovare i valori di un tempo, ammettendo che la propria cultura venga arricchita dall'esterno, ma non modificata. Ora mi domando e dico: chi decide quali sono i valori che vanno bene e quelli cattivi? E soprattutto: parlando di limite, siamo sicuri di riuscire sempre a stabilire il limite tra ciò che è naturale e non, tra la tradizione e la trasgressione, tra globalizzazione e mutuo scambio di idee, informazioni e merci?

Ad ogni modo non credo di aver capito tutto della Decrescita semplicemente perché ho letto un libro di 100 pagine sull'argomento ed è per questo che ho deciso di prendermi un tram e andare a sentire cos'ha da dire Sergio. Anche solo per ascoltare il suo meraviglioso accento: sembra di sentir parlare
Lumière della Bella e la Bestia.
Sarà al Salone per il primo giorno di eventi, ma parteciperà anche al Salone Off, cioè tipo il Fringe per il Torino Jazz Festival: una serie di eventi ospitati dai locali di Torino, dalle sue strade e dalle sue piazze. E spero proprio che l'atmosfera sia la stessa del sopracitato festival del jazz.
Se poi la Decrescita dovesse continuare ad intrigarmi, so già a chi mi devo rivolgere: esistono un Social Network e un Movimento ad essa dedicati. Quest'ultimo, come per un segno del destino, tiene le sue assemblee in una delle famigerate Case di Quartiere, posti di ritrovo che ho conosciuto da poco e solo in via telematica. Per ora.

Tutti questi discorsi sul capitalismo mi hanno fatto venire in mente un documentario del quale avevo già parlato tempo fa in un altro blog e che mi aveva folgorata, anche se devo ammettere che a piacermi era stata più la colonna sonora che non i contenuti, controversi e di difficile analisi.

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