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Denti Guasti

Posted by MES venerdì 23 maggio 2014 alle 13:52

Nel post Il mio Salone del Libro annunciavo vittoriosa di essermi aggiudicata Denti guasti, del torinese Matteo De Simone. Mi aveva incuriosita non solo per la trama e la provenienza dell'autore, ma anche per l'età di quest'ultimo: classe '81, 'tacci sua. E Denti guasti, del 2011, era stato preceduto da Tasche di pietra, nel lontano 2007, quando aveva solo 28 anni. Gente nata con un preciso scopo nella vita.
 In realtà a quanto pare i suoi scopi sono due: oltre a scrivere (bene), il tipo compone, canta e suona nel suo trio Nadàr Solo, tutto composto da torinesi come lui. 
Niente più? Non esattamente. Si diletta a promuovere i suoi libri, nello specifico proprio Denti guasti, con dei reading in cui coinvolge artisti del calibro di Pierpaolo Capovilla de Il Teatro degli Orrori e Daniele Celona, altro cantautore torinese. D'altra parte la collaborazione con Capovilla ha prodotto anche un brano, Il Vento, divenuto primo singolo dell'abum Diversamente, come?, uscito nel 2013.

Se non vi basta che sia giovane, intraprendente e torinese o se non vi fidate delle mille recensioni positive in cui addirittura viene paragonato a Zola, vi capisco. Bisogna toccare con mano. Per fortuna De Simone ha scritto una serie di racconti, pubblicati tra gli altri anche dal blog collettivo Nazione Indiana dell'Associazione Culturale milanese Mauta e raccolti nel suo blog Scritti, nato proprio per raccogliere dei testi altrimenti difficilmente reperibili.



Per quanto mi riguarda, devo dire che la somiglianza con Zola è piuttosto tenue: De Simone non vuole documentare realtà nascoste di degrado ed emarginazione, piuttosto usa storie di ordinaria miseria per esprimere il senso di irrequietezza e inadeguatezza tipico di un paio di generazioni. Denti guasti usa la metafora odontoiatrica per dare l'idea di qualcosa che marcisce dall'interno, rivelatore di un passato "sporco" e di un futuro sempre più incerto. 
Capovilla dice bene quando, nella prefazione al libro (pure la prefazione: si vede che sono amici del cuore), parla di quest'ultimo come di una sceneggiatura per un film: scene fulminee, personaggi in continuo movimento, stile conciso alla Benni (punti ovunque, qualche virgola, niente parentesi per non interrompere) mischiato all'intransigenza di un trentenne. La televisione con le sue ipocrisie e la violenza nera degli immigrati ai margini della società si fondono attraverso i due protagonisti, che sopravvivono nel caos generale di famiglie a pezzi e criminalità sperando, non si capisce bene sulla base di cosa, in un futuro migliore.

Insomma, non stiamo parlando di portatori sani di allegria. Ve ne potete fare un'idea anche ascoltando i Nadàr Solo, senza sbattervi a leggere i racconti: rock italiano interessante principalmente per i testi, anch'essi abbastanza cupi. Dopo una sessione di un paio d'ore di Nadàr vi sorprenderete a cercare le sigle dei cartoni animati per ritrovare la fiducia nell'Umanità, ma ne varrà comunque la pena. 
Ve lo dice una che ascolta Pollon a ripetizione.