A Borgo San Paolo, lasciandosi Piazza Robilant alle spalle e imboccando Via Lancia, è possibile ammirare da vicino uno dei simboli di Torino: l'ex Grattacielo Lancia.
In realtà è visibile da una miriade di posti, ma da questa angolazione si notano meglio i pilastri a cavallo della strada omonima che scorre sotto di lui come niente fosse. Per inciso: il palazzone tutto vetrate non gratta proprio niente, ma negli anni in cui è stato costruito (fine anni Cinquanta) una roba simile si vedeva solo al di là delle Alpi e nei fumetti di fantascienza. In effetti in L'altra Torino l'edificio viene segnalato come un alieno arrivato dal pianeta Lancia: dopo il trasferimento dalla prima sede di San Salvario e un primo periodo espansionistico (1911-1939) che l'ha portata ad occupare tutta l'area tra Via Monginevro e Corso Rosselli, l'azienda vive una fortunata ascesa e una rovinosa discesa terminata con la cessione a FIAT e il trasferimento degli stabilimenti.
Il gigante di vetro e cemento rimane a guardare, un piede di qua e uno di là, una cessione avvenuta solo dieci anni dopo la sua nascita (1969): la nuova proprietaria non sa cosa farsene di lui e lo lascia vuoto fino al 1996, quando lo ristruttura per ricavarne un centro contabile da 30.000 impiegati. Poi, altri abbandoni: già nel 2002 con la cessione dello stabile ad IBM, poi nel 2008, quando subentrano la GEFIM e subito dopo la società Patio dell'imprenditore Adriano Ossola, il quale lo trasforma in un edificio supermoderno. I primi cinque piani di uffici vengono venduti in poco tempo, ma poi la crisi si fa sentire e quasi nessuno si fa avanti per le abitazioni di lusso dal nono al sedicesimo piano. I creditori cominciano a rumoreggiare, la società naviga in cattive acque e nel 2012 Ossola si arrende e mette in mezzo il tribunale. Ad oggi lo stabile è stato confiscato dalle autorità giudiziarie e i creditori nei confronti della Patio ammontano a 37, per un debito totale di 13 milioni.
Per essere un simbolo, il Grattacielo è decisamente sfigato. Però di sicuro non si annoia: ai suoi piedi sono previste grandi trasformazioni, i cantieri sono già attivi da tempo e la gente non smette di protestare. Il Progetto Parco San Paolo coinvolge l'area di 58.000 mq tra via Lancia e via Monginevro, dove ancora oggi dormono i vecchi stabilimenti Lancia: si parla di 41.000 mq da adibire ad abitazioni per 1.800 persone e 17.000 mq da destinare a terziario, commercio e tempo libero con un investimento totale di 80 milioni di euro. A firmarlo è la Zerocinque Trading Spa, leggi GEFIM: guardando la brochure sul sito ci si rende conto che non solo la società ha rifatto mezza Torino, ma si era interessata anche della zona pedonale sorta nei primi anni Duemila nell'ex area Gardino, di fronte al Parco Ruffini, poco distante dal Grattacielo. Il progressivo avanzare dei lavori è stato documentato fino a poco tempo fa da Skyscrapers (onore ai suoi membri).
Qui oggi sorge, tra le altre cose, una bella libreria dal nome evocativo: Capo Horn. Ed è qui che Roberto (un passato nell'edilizia, un presente nell'editoria e un futuro chissà dove, forse sulla luna) mi mostra i mitici libri della Graphot, un assortimento invidiabile di giornali e riviste e, tra reti ed installazioni in legno che profumano di mare, il volume Irian Jaya, viaggio nel mare indonesiano di Alberto Rava: non avendo l'attrezzatura necessaria a documentarlo, l'autore ha disegnato tutto ciò che ha visto nel diario che Capo Horn ha deciso di pubblicare. Inoltre la zona dedicata ai bambini è abbastanza attrezzata da essere segnalata in un autorevole sito per genitori torinesi, i quali come sappiamo sono piuttosto esigenti su tutto ciò che riguarda la loro prole.
Insieme ai suoi soci Enrica e Salvatore, Roberto mi parla dell'area pedonale e delle voci che girano: non è un caso se non ci sono bar e pizzerie nelle immediate vicinanze della piazza, visto che i locali della zona non avrebbero i requisiti necessari ad ospitarne le cucine. Sarebbe bello sostituire la fontana (spenta) con un posto chiuso dove riunirsi e fare delle attività: un gazebo sarebbe perfetto, ma forse gli abitanti si accontenterebbero anche di una tenda. Si vende principalmente nei fine settimana come in un quartiere dormitorio, mentre chi viene da altre zone solitamente preferisce gli scaffali del Bennet a quelli delle piccole attività poco distanti. Insomma, non proprio l'immagine di una comunità felice.
Sembra evidente che ciò che serve, qui, è un'iniezione di asili, ASL, case popolari, piccole attività, luoghi d'incontro (una Casa del Quartiere non ci starebbe male, visto che il borgo non ne ha ancora una) e almeno un po' di verde, magari riducendo l'area edificabile a 14 mila mq. Proprio quello che chiede il Comitato Parco Lancia, che lamenta soprattutto la cattiva gestione della trattativa tra il Comune e la GEFIM: stando alla relazione presente sul blog gli oneri di urbanizzazione ammonterebbero a circa 12 milioni di euro ma il Comune ne ha chiesti 4 ed è sceso subito a 2 e mezzo accettando un contentino di qualche migliaio di metri quadri da usare per la comunità. Il tutto sulla base di una stima del Settore Valutazioni Patrimoniali non disponibile alla consultazione: la delibera del Comune, infatti, allega unicamente la stima proposta dal Comitato, nonostante se ne freghi del contenuto. Un complesso composto da centro commerciale, due torri super tecnologiche e 1.800 posti letto non è esattamente l'immagine che mi viene in mente quando penso ad un parco.
In realtà col tempo un risultato il Comitato lo ha ottenuto e neanche tanto piccolo: la GEFIM non potrà demolire i vecchi stabilimenti, ai quali è stato riconosciuto un certo valore architettonico. Per il resto, nella delibera si insiste particolarmente sul parcheggio sotterraneo di 5.000 mq che nessuno ha mai chiesto e sulla possibilità di farselo pagare per recuperare un po' di soldi, sul fatto che i viali alberati circostanti non verranno eliminati ma anzi rinfoltiti da "70 nuovi esemplari a medio e alto fusto" e su una valutazione secondo la quale non ci sarà un significativo incremento del traffico in conseguenza dei lavori previsti come invece paventava il Comitato, salvo poi parlare della "messa
in atto di tutte le possibili azioni atte a fluidificare il traffico nell'area" (ma allora il traffico c'è o no?). Veniamo rassicurati anche circa l'altezza delle due torri, che non supererà quella del Grattacielo.
Sono soddisfazioni.
Una precisazione è però necessaria: nessuno ha mai detto di voler demolire il Grattacielo, se non altro perché fino a qualche mese fa era di un privato e non è stato interessato dai progetti di trasformazione degli ultimi anni.
Passeggiando in Via Lancia ho avuto una visione: il Grattacielo, tornato alla vita, ospitava una nutrita schiera di attività commerciali indipendenti, come un enorme mercato coperto; il Bennet era stato rimpiazzato da una Casa del Quartiere con asilo e area attrezzata per il gioco annessi; gli stabilimenti della Lancia, ristrutturati, erano la sede di una ASL e al posto delle due torri campeggiava un centro sportivo, poco distante dalla Fondazione Merz e da un bel parco. Biondo era particolarmente d'accordo su quest'ultimo punto.
Stavo pensando: è strano che i miei deliri non riguardino mai centri commerciali, case di lusso e parcheggi. Forse perché i miei conti sono più facili da risanare rispetto a quelli del Comune. O forse perché non lavoro per la GEFIM. Nonostante tutto, a fine 2015 avremo un'idea più precisa della direzione presa dai lavori e conteremo le differenze tra le esigenze a lungo termine della comunità e quelle più immediate delle casse comunali. Fino ad allora, fossi in voi mi farei un giro a Capo Horn.
Se non altro perché ho trovato una foto con la fontana accesa e Babbo Natale sullo sfondo.